Gli antibiotici rappresentano un gruppo di farmaci essenziale per il trattamento delle infezioni batteriche. Fin dalla loro scoperta, hanno contribuito a migliorare in modo significativo la salute della popolazione, registrando una drastica diminuzione del numero di malattie infettive causate da batteri.
Questo perché la terapia antibatterica si basa sul principio della “tossicità selettiva”, ovvero dalla capacità dell’antibiotico di colpire in modo specifico alcune componenti presenti nella cellula batterica senza creare danno alle cellule del nostro organismo.
Tali farmaci devono essere utilizzati soltanto su prescrizione medica ed è essenziale che siano assunti per il tempo necessario e alle dosi prescritte esclusivamente per il trattamento delle infezioni causate da batteri. Purtroppo, attualmente, il loro uso eccessivo e inappropriato sta contribuendo ad alterare la composizione della flora batterica residente nel nostro organismo e ad accelerare il problema dell’antibiotico-resistenza, cioè il processo per cui i batteri divengono resistenti a quegli antibiotici che una volta erano in grado di sconfiggerli.
Gli antibiotici sono raggruppati in classi o famiglie, in base alla loro struttura chimica o al loro meccanismo di azione. Tuttavia, antibiotici appartenenti alla stessa classe frequentemente influiscono sull’organismo in modo diverso e possono essere efficaci contro batteri diversi.
Essi possono essere sia di origine naturale (ossia esistono in natura come sostanza prodotta da un organismo allo scopo di difendersi da altri a lui dannosi) sia prodotti in laboratorio, ma tutti rispondono al principio della “tossicità selettiva”, ossia della loro capacità di essere fatali per le cellule batteriche ma non per le normali cellule del nostro corpo.
Ogni antibiotico è efficace solo contro alcuni batteri. Nel momento in cui un paziente si presenta con una malattia infettiva di origine batterica, il medico deve innanzitutto trovare risposta alla domanda: serve o no l’antibiotico?
Se la risposta è affermativa, egli può seguire due modalità: somministrare il farmaco in modo “mirato” o somministrare il farmaco secondo il principio della cosiddetta “terapia empirico-ragionata”.
La prima, almeno in teoria, è sicuramente la migliore in quanto la scelta dell’antibiotico viene fatta sulla base di indagini di laboratorio (esami microbiologici) che permettono di isolare e di identificare, dal materiale biologico prelevato dal paziente (più spesso sangue ed urine), il microrganismo che causa l’infezione.
La seconda e più diffusa, invece, non prevede il coinvolgimento del laboratorio di microbiologia (almeno in prima istanza) ma il ragionamento del medico sui tipi possibili di batteri che solitamente causano quel tipo di malattia con conseguente scelta dell’antibiotico al quale quei batteri sono solitamente “sensibili”.
I batteri, come tutti gli organismi viventi, si modificano nel tempo in risposta ai vari cambiamenti ambientali. A causa del largo e scorretto utilizzo degli antibiotici, i batteri sono costantemente esposti a questi farmaci. Sebbene l’esposizione agli antibiotici determini la morte di molti batteri, alcuni sviluppano resistenza agli effetti di questi farmaci.
Si parla quindi di “antibiotico-resistenza” per indicare la capacità che un certo tipo di batteri acquisisce per “resistere” all’azione nociva di un antibiotico nei suoi confronti.
Essa presenta importanti conseguenze sulla qualità della vita delle persone, degli animali e dell’ambiente e anche un rilevante impatto economico per il singolo e la collettività.
Il problema delle resistenze batteriche agli antibiotici, negli ultimi anni, sta rappresentando una vera e propria emergenza globale in quanto riguarda potenzialmente tutti gli antibiotici e quasi tutte le specie batteriche e anche perché, da molti anni, non vengono messi a disposizione dei medici nuovi antibiotici.
È quindi necessario che tutti, medici, pazienti, farmacisti, microbiologi, veterinari, giornalisti, si adoperino per tentare di porre un argine a queste resistenze, per evitare che si ritorni drammaticamente all’era pre-antibiotica, ovvero quando la mortalità, anche infantile, dovuta alle malattie infettive causate da batteri era molto elevata.
Per contrastare la diffusione e l’aumento dell’”antibiotico-resistenza”, è bene partire innanzitutto dalla presa di coscienza di questo pericoloso fenomeno e delle sue conseguenze.
In seconda battuta, il Ministero della Salute ha identificato queste tre strategie per affrontare la resistenza agli antibiotici:
Altrettanto importante è che i pazienti ricordino, dovendo assumere un antibiotico, di farlo rispettando le dosi, gli intervalli tra una dose e l’altra e la durata della terapia prescritta, evitando di assumerli di propria iniziativa.
È fondamentale poi ricordare che gli antibiotici sono attivi solo sui batteri e non sui virus e che quindi sono assolutamente inutili nella cura di infezioni di origine virale come influenza e raffreddore.
L’auspicio, quindi, è di aumentare la consapevolezza di utilizzo e di riuscire a limitare il più possibile questo fenomeno, in modo da restituire efficacia agli antibiotici e scongiurare il rischio di un ritorno all’era pre-antibiotica.
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